Il Gioco del lotto in Non ti Pago di Eduardo De Filippo.

Dr.ssa Tina Marasca

La smorfia la cui terminologia viene da Morfeo, "il dio greco dei sogni e quindi del sonno”, regola dunque il rapporto fra i vivi e i morti e tale rapporto � ampliamente rappresentato in una nota commedia eduardiana Non ti pago, commedia in tre atti scritta nel 1940 e inserita nel ciclo Cantata dei giorni pari.
Rappresentata a Roma l’8 dicembre 1940 al Teatro Quirino fu interpretata da Eduardo e Peppino De Filippo. L’opera riscosse un grande successo sia in teatro che al cinema; infatti nel 1943 venne realizzata anche la versione cinematografica, per la regia  di Carlo Ludovico Bragaglia, e nel 1964 fu realizzata persino una versione televisiva della suddetta opera in lingua non dialettale ma regionale per dare modo a tutti gli italiani di far capire “la grande magia” artistica di Eduardo. Lo stesso Eduardo, ritenne che la televisione, nata qualche decennio prima, gli desse la possibilit� di comunicare con l’intera Nazione e pertanto di conseguenza bisognava rinunciare quasi totalmente al dialetto e avvalersi di una lingua italianizzata, necessaria a beneficio di un pubblico non napoletano.

Trattasi di una commedia brillante, comica e farsesca, definita dalla critica teatrale “commedia del surreale o del sogno”, poich� raggiunge i limiti della follia, dal momento che � basata sulla credulit�, sull’ignoranza, sulle superstizioni e credenze popolari.
Il protagonista Ferdinando Quagliolo, � un tipico personaggio pirandelliano, ambiguo, surreale, che vive tra sogno e realt�. Gestore di un banco lotto a Napoli, uomo dai modi rigidi e caparbio � un appassionato giocatore, ma sfortunato; il suo pi� grande desiderio � quello di vincere un terno, per� non riesce mai a realizzare questo suo sogno neppure grazie all’aiuto di Aglietiello che � “l’aiutante magico” di Don Ferdinando in quanto dalla lettura dei suoi sogni ne ricava come dichiara lo stesso Aglietiello un “costrutto di numeri per i terni e le quaterne”. Al contrario del suo impiegato Mario Bertolini, (innamorato e fidanzato di Stella, figlia di Don Ferdinando) che non solo interpretando i sogni riesce sempre a vincere ogni settimana ma addirittura un giorno � vincitore di una quaterna di quattro milioni delle vecchie lire grazie ai numeri “1-2-3-4“ suggeritegli in sogno dal defunto padre di don Ferdinando. Don Ferdinando invidioso della vincita dell’odiato futuro genero, va in delirio reclamando paradossalmente i diritti di vincita, e per ottenere ci� invoca la giustizia soprannaturale della defunta anima del padre. <<Nun o’ pozzo ved�! - esclama Ferdinando – E’ troppo fortunato […] nun c’� sabato ca nu pizzica ll’ambo..[  ] ‘o terno [  ] E mo se sonna ‘a mamma, mo se sonna ‘o pate, ‘a sora, ‘o frato, ‘e nepute, ‘e cognate, ‘a nunnerella [  ] Comme mette ‘a capa ncopp’ ‘o cuscino s’ ’e ssonna…Quanno s’addorme, accumencia ‘a Settimana Incom>>. Ci� � confermato dallo stesso Bertolini, il quale attribuisce i meriti delle sue fortune ai parenti defunti:<<Emb�, c’aggia fa…’a fortuna m’assiste. Sarr� chell’anima santa d’a nunnarella mia, sarr� mamm� e pap� che ‘all’atu munno me vonno rputeggere…>>…Insomma iniziano tra i due protagonisti lunghe discussioni, in quanto Ferdinando proclama il suo diritto sulla vincita del denaro, dato che � stato suo padre (che forse non ricordando bene il nuovo indirizzo di casa del figlio si � recato presso l’ex abitazione della famiglia Quagliolo, nella quale ora vive per l’appunto il giovane Bertolini, e vedendo che Bertolini dormiva nella stanza dove una volta dormiva Don Ferdinando, ha commesso un involontario errore di persona dettando per errore nel sogno i numeri al giovane impiegato credendo invece di darli al figlio).
A questo punto il protagonista ruba esasperato il biglietto vincente al signor Bertolini, “Non ti pago!” gli urla infuriato, “O bilietto E’ mio! Manco nu squadrone 'e cavalleria m'o leva dint' a sacca. T''o viene a piglia’ 'ncopp' 'o Tribunale”… e a chi come sua moglie Concetta lo accusa di essere invidioso nei confronti di Bertolini, lui, Don Ferdinando, si difende urlando che la sua << Non � invidia! Non � invidia, � sete di giustizia>>.
Donna Concetta sottolinea una tematica davvero rilevante in questa vincita, qualsiasi tipo di gioco o scommessa che consente al giocatore di ottenere il denaro vinto suscita inevitabilmente l’invidia da parte degli altri partecipanti al gioco che perennemente aspettano che prima o poi la Dea Bendata cada anche fra le loro braccia rendendoli ricchi. Egli per avvalorare il suo diritto sulla vincita, si rivolge infine ad un avvocato e ad un parroco, pensando addirittura di citare il defunto padre in tribunale; Bertolini rivolgendosi a Concetta dice:<<Quello vostro marito mi voleva far portare in tribunale la buon’anima del padre>>. Tuttavia dopo dispute surreali e il tentativo di intimorire l’avversario Bertolini con un colpo di pistola, Ferdinando � costretto a cedere la quaterna vincente. Amareggiato, il protagonista si rivolge al ritratto dell’anima defunta del padre, chiedendogli aiuto – ogni volta che Bertolini tenter� di incassare la vincita, dovr� subire una serie di dispiaceri -. Lanciata questa maledizione, il defunto padre sembra esaudire la volont� del figlio; infatti solo dopo aver patito tante disavventure, Bertolini rinuncia alla vincita e consegna il biglietto del lotto a Don Ferdinando.
Il tutto si conclude con un lieto fine. Bertolini ottiene dal suo titolare, il consenso di prendere in moglie la figlia Stella, cos� la vincita rimane in famiglia, dato che Don Ferdinando riconsegna al Bertolini il biglietto come regalo di nozze.

Nella commedia il profetismo eduardiano coglie la cruda realt� quotidiana, fatta di paure, angosce, timori, miseria, ma incanala, come scrive F. C. Greco anche “bisogni, attese, speranze e illusioni”. La meta � il paradiso terrestre, il bene materiale che d� dignit� e rispetto ad un uomo che vive miseramente.

Bibliografia.
Eduardo e Napoli, Eduardo e l’Europa, a cura di Franco Carmelo Greco, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993.
● Tina Marasca in Storia del Teatro tra ‘800 e ‘900, Edipress sas, 2006.
● Nicola De Blasi in Storia della Lingua Italiana, 1999 - 2000. Dispense del corso su <<Variet� di lingua e varianti d’autore>>.

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