Eduardo De Filippo, ovvero una persona di famiglia (3) |
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Malgrado tutto, a molti è sembrato che il teatro eduardiano sia soprattutto lo specchio della sua città, ragione per cui gli stessi hanno ritenuto, a torto, che le sue produzioni non gli sarebbero sopravvissute, perché a volte troppo folcloristiche. Se è vero che questo riduttivo giudizio è stato smentito dalle tante traduzioni all’estero delle sue opere e dalle continue rappresentazioni fin oggi, è pur vero che il teatro di Eduardo raggiunge l’universalità attraverso la messinscena della particolarità del suo popolo. Potremmo dire, senza contraddire quanto detto finora, che il teatro di Eduardo è Napoli. Infatti, le sue commedie, scrive Agostino Lombardo, sono quasi tutte ambientate a Napoli, «una città osservata, studiata da Eduardo con attenzione inesausta… dai vicoli alle strade e alle piazze, dai “bassi” alle case borghesi, alle ville e ai palazzi, dai balconi e dalle terrazze alle stanze dei poveri e dei ricchi, dalle camere d’albergo ai salotti dei borghesi e degli arricchiti, dalla farmacia al commissariato di polizia, dalla bisca clandestina al teatro». Eduardo inscena Napoli con le sue contraddizioni, usanze, credenze e superstizioni, una città che, come ogni napoletano fortemente radicato in una tradizione, forse amò e odiò insieme in modo intenso, ma di cui mai si dimenticò, anche quando scelse di vivere a Roma, rimanendovi fino a quando per lui il sipario calò definitivamente, morendo nella notte fra il 31 e il 1° novembre 1984. «Napule è ’nu paese curioso:» Dr.ssa Nevia Buommino, insegnante di Lettere |
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