La sceneggiata napoletana

Dr.ssa Tina Marasca

scenografia teatrale

La sceneggiata, genere teatrale-musicale popolare napoletano, è una forma di rappresentazione teatrale economica venuta alla luce nel primo dopoguerra, subito dopo la disfatta di Caporetto, quando lo Stato Italiano disgustato dagli spettacoli triviali e dalle scenette a doppio senso impose la censura e forti tasse agli spettacoli di varietà. All’epoca il Regime non solo non vedeva di buon occhio le piccole compagnie girovaghe ma desiderava soprattutto opporsi all’improvvisazione, cioè a quei copioni improvvisati a cui poco interessava il teatro e la prosa, ma concepivano lo spettacolo solo come pura occasione di svago e di divertimento.
La sceneggiata fiorì dunque nel 1918 quando a Napoli “scoppiò la pace”, scrive Sergio Lori, e inizialmente nel Nord Italia essa fu intesa erroneamente come la “sceneggiatura di un film”, ossia il copione scritto di una pellicola filmica che deve essere realizzata. La sceneggiata invece “è una canzone da recitare, è la sceneggiatura dei versi di una canzone” di matrice popolare ed è proprio questa suddetta canzone, di un successo partenopeo, che dà il titolo allo spettacolo. Essa, composta da tre atti, dà luogo ad una recitazione drammatica

La prima “opera sceneggiata” fu allestita dalla compagnia di G. D’Alessio, la quale rappresentò l’opera Pupatella, tratta dall’omonima canzone di Libero Bovio.

La “canzone sceneggiata” presenta una vena verista-patetica e gli autori artefici della diffusione di questo filone musicale popolare furono Bovio-Cafiero-Fumo.
La classica sceneggiata napoletana unisce in un'unica rappresentazione, come avviene nei varietà, i monologhi, il canto, la musica, il ballo e la recitazione. I motivi principali sono: l’amore, la passione, la gelosia, i valori ancestrali, l’onore, il tradimento, l’adulterio, mamme morenti, il rapporto viscerale madre-figlio, giovani nullafacenti e dissennati, la vendetta, il codice d’onore, la lotta tra il buono e “ ‘o malamente”, etc.
Attorno alla canzone drammatica viene dunque realizzato un testo teatrale in prosa avente come sfondo una trama sentimentale con il conseguente tradimento. I componimenti si ispirano dunque alla quotidianità della vita popolare e le vicende si svolgono nella povera realtà sociale dei quartieri e dei vicoli di Napoli e negli ambienti della malavita. Infatti il teatro della sceneggiata diventa un “teatro d’onore” che rispecchia tutti i dettami più sacri del codice camorristico.
Non è un caso che all’interno della sceneggiata configurano sempre tre personaggi principali che costituiscono una triangolazione isso (lui, detto anche “tenore”, è l’eroe positivo), essa (lei, è l’eroina ed è chiamata anche “prima donna di canto”) e ‘o malamente (il malavitoso, l’antagonista mascalzone cattivo).
Le parti che concorrono da supporto sono quelle affidate invece ai personaggi secondari che per l’appunto fungono da spalla, e sono: ‘a mamma (la seconda donna), portatrice di valori positivi poiché simboleggia il focolare domestico; ‘o nennillo (il fanciullo nato dalla coppia protagonista) e infine ‘o comico e ‘a comica , alle quali è affidato il repertorio comico.
La donna se non veste il ruolo della mamma è vista in maniera negativa, è una moglie fedifraga, la quale disonorando il proprio uomo lo costringe ad essere un assassino uccidendola, affinché questi abbia salvo il proprio onore, dunque ella è portatrice di valori immorali pronta a tradire il valore sacro della famiglia.
La platea ha una forte incidenza sulla scena, essa partecipa attivamente alla rappresentazione mostrando la sua adesione o il suo dissenso alla vicenda rappresentata, tanto è vero che gli attori-autori scrivevano trame tenendo ben presente i gusti del pubblico. Molte volte infatti gli spettatori rispecchiandosi nei personaggi non erano d’accordo sul finale della vicenda, allora originavano animate discussioni dove il tutto finiva con tremende risse verbali e fisiche. Lo spettatore imponeva che nella lotta tra il buono e il cattivo, tra il male e il bene a trionfare fosse sempre il buono, con il quale egli perennemente si identificava.

(tm)

La sceneggiata napoletana | La sceneggiata (II) | La sceneggiata cinematografica

Bibliografia
● Sergio Lori in Il varietà a Napoli, da Viviani a Totò, da Pasquariello a De Vico, a cura dei Tascabili Economici Newton, 1996.
● Tina Marasca in Storia del teatro tra ‘800 e ‘900, Edipress sas, 2006.

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