Eduardo De Filippo nelle sue opere fa sì che il cibo diventi parte integrante della sua scenografia. Eduardo rispettava molto la cucina, amava cucinare e, trasferì questa sua passione per l’arte culinaria nella sua drammaturgia. Sono molte le scene dedicate al pranzo, e i suoi medesimi
personaggi si dilettano a dare spiegazioni sulla preparazione delle pietanze, sulle varie ricette, fanno interessanti citazioni gastronomiche… per cui in Eduardo il pranzo è una topica costante e gioca un ruolo
fondamentale, ossia il pranzo costituisce <<l’incontro, il confronto e lo scontro in famiglia, è il momento in cui tutti i membri di una famiglia si ritrovano e si riuniscono ed affrontano i loro disagi, i loro contrasti, la solitudine, l’incomunicabilità e i rancori>> (Tina Marasca in Storia del teatro tra ‘800 e ‘900,
Edipress sas, 2006). Quindi nel teatro eduardiano vengono messi a nudo vecchie ipocrisie che si riscontrano negli ambienti familiari e nei vari rapporti sociali, perciò i rituali della famiglia diventano poi rituali di morte, specie nel momento culminante del pranzo. << [ ] Ma
il cibo serve anche a scandire le varie fasi della giornata di un uomo e quindi il ripetersi del ciclo biologico della vita di un uomo: la colazione, la pausa per un caffè, la cena, ecc>> (Tina Marasca) .
Eduardo pertanto porta sulla scena le tradizioni della cucina napoletana, vuole sul palco teatrale cibo vero da mangiare, tavole imbandite con diverse vivande, il ragù fumante,
rigatoni, tacchino, cappone, pesce, la frittata di cipolle o le cipolle soffritte, il caffè scaldato, la pastasciutta, la frutta, ecc. La scenografia per Eduardo deve dunque esprimere il concetto del <<verosimile>>.
Essa è tanto realistica quanto teatrale e come dichiara Franco C. Greco la rappresentazione teatrale in Eduardo “tende, a cogliere la verità attraverso la teatralizzazione del reale”; le pietanze che
non sono per nulla finte scenografiche devono richiamarci alla memoria un ambiente realistico e familiare. Si pensi al pranzo domenicale in “Non ti pago” (1940), o a quello presente in “Sabato, domenica e lunedì” (1959);
al banchetto in “Napoli milionaria” (1945), alla tavola apparecchiata in “Filumena Marturano” (1946); alla mensa dei poveri del I atto in Miseria e nobiltà, alle scene dei pranzi in “Le bugie con le gambe lunghe” (1947); in “Mia famiglia” (1955); in “Il Sindaco del Rione Sanità” (1960); o ancora ricordiamo il caffè in “Natale in casa Cupiello” (1931), che secondo Luca "fete 'e scarrafune”. Il protagonista rimprovera la moglie Concetta perché non è in grado di preparare un buon caffè:<<Concè ti sei immortalata! Che bella schifezza che hai fatto! [ ]
Non ti piglià collera Concè. Tu si una donna di casa e sai fare tante cose. Per esempio ‘a frittata c’ ’a cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. È una pasticceria. Ma ‘o ccaffè non è cosa per
te. [ ] Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffè non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: chisto fete ‘e scarrafune...>>. L’importanza del caffè è
altresì evidente nell’ opera “Questi fantasmi” (1946); nel “cerimoniale del caffè” notiamo infatti quanto il caffè assumi una valenza di primo ordine; esso viene solennemente
decantato da Pasquale Lojacono nel II atto mentre parla con l'immaginario dirimpettaio il prof. Santanna. “Il caffè simboleggia piccole pause di piacere dopo una dura giornata, è un momento di relax strappato alla fatica quotidiana; contro i dissapori della vita ci vuole una tazza di caffè”; (Tina Marasca). Il protagonista infatti dice: << [ ] Io per esempio, a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno fatta dopo pranzo. Io stesso me la devo preparare con le mie mani. Mia moglie non collabora, mia moglie è
molto più giovane di me, e la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sono la poesia della vita; perché oltre a farvi occupare il tempo, vi danno una certa serenità di spirito. Il caffè deve avere
io colore del manto di monaco, questo non è caffè è cioccolato. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo, prendere il caffè fuori al balcone scambiando due parole con il dirimpettaio simpatico, il caffè bisogna
prenderlo con tranquillità>>.
Altra opera eduardianalampante, che ha come protagonista il pranzo è “portato sul grande schermo da Lina Wertmuller con Luca De Filippo nei panni di Peppino Priore,
Sophia Loren nel ruolo di Rosa Priore, cuoca specializzata nei sughi col ragù, e Luciano De Crescenzo nel ruolo del ragioniere Luigi. Protagonista in scena è appunto il ragù. <<Il
ragù domenicale in casa Priore è quasi un rito cui partecipano parenti e amici di famiglia, è una cerimonia con precise regole di gesti, di parole, di pause che vanno rispettate>> (Eduardo e Napoli Eduardo e
L’Europa, a cura di F. C. Greco, Edizione Scientifiche Italiane). Eduardo stesso all’interno della suddetta opera dichiara quanto “sia fondamentale la scena del pranzo ai fini della commedia, per i caratteri, per i sentimenti umani, e per il costume” perciò essa “deve essere concentrata in modo perfetto”. La tavola è vitale perché segna dunque il momento
magico e l’evento più sacro del rito domenicale, il rito del ragù di Donna Rosa Priore. La medesima protagonista spiega il segreto per fare un buon ragù, <<Per fare il ragù: tutto il segreto sta nel
far soffriggere la cipolla a fuoco lento. Quando soffrigge lentamente la cipolla si consuma fino a creare intorno al pezzo di carne una specie di crosta nera….>> e per far il ragù bisogna servirsi del <<tiano di terracotta o la casseruola di rame>>. Il ragù ha anche un’altra valenza, quello di scandire l’inizio di una nuova settimana, Don Rafè spiega che “il
ragù della domenica deve essere bollente perché se è freddo ti ricorda immediatamente che è lunedì e che ricomincia la routine quotidiana di sempre”. Il cibo scrive Giuseppe Rocca nell’opera di Eduardo diventa “un
fatto culturale, che relaziona persone, che diventa oggetto di discussione, di giudizi, di cure pazienti”, infatti per mezzo del pranzo nasce una profonda lite tra Peppino e Rosa, la quale lite viene spiegata dalla
figlia Giulianella al medesimo padre. Un giorno Peppino ha preferito i maccheroni alla siciliana, conditi col pomodoro fresco e le melanzane fritte cucinati dalla nuora Maria Carolina al ragù della moglie e ciò ha fatto nascere
una profonda collera e una atroce gelosia in Donna Rosa, infatti quando durante il pranzo domenicale Peppino ignora il magnifico ragù preparato dalla moglie Rosa, quest’ultima si sente offesa, pertanto il cibo condiziona
il rapporto coniugale. Riportiamo qui sotto le secche parole di Donna Rosa, quando rievoca con molta amarezza il pranzo domenicale avvenuto in casa della nuora: [ ] E se n’è mangiati due piatti per dispetto, per
farmi un affronto in presenza di mia nuora. Il mangiare che faccio io a casa pare sempre che lo vede e lo schifa. M’avesse detto mai:”Oggi ho mangiato bene, brava Rosina”. Quando tutto va bene lui mette il
sale, come per dire:”Rosì non sai cucinare”….
Dr.ssa Tina Marasca
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